Le AFFABULAZIONI le ho “inventate” nel 2013. Stavo lavorando ad una sonorizzazione per Il Cantiere di Radio 3 Rai e non avevo ancora i testi sui quali avrei dovuto costruire il mio commento musicale. Così presi un microfono e iniziai a suonare e raccontare una storia inventata, giusto per verificare l’effetto del suono sulle parole. Per appuntare le idee accesi il recorder digitale e registrai oltre un’ora di improvvisazioni. Quando il lavoro fu ripreso per essere terminato, riascoltai quel materiale e vidi che funzionava, poteva diventare un progetto innovativo da proporre dal vivo. Lo chiamai AFFABULAZIONE, per due ragioni: perché si trattava essenzialmente di racconti di pura invenzione e perché il grande manifesto di Affabulazione di Pasolini, portato in scena ad Ancona dalla compagnia di Gassman all’inizio degli ’80, campeggiava ancora nei miei ricordi dal tempo della scuola d’arte; non so perché ma a suo tempo mi aveva profondamente colpito.
Raccontare qualcosa è un gesto di grande umanità ma anche un gesto terribilmente pericoloso perché porta la comunicazione su di un piano diverso da quello della semplice conversazione e richiede una certa di attenzione. Le AFFABULAZIONI, in fin dei conti, sono sempre state quello, improvvisazioni narrative di musica e parole guidate in parte dalla follia, in parte dal mio senso naturale per l’improvvisazione, in parte dal pubblico. Si, perché una volta messo a punto, il meccanismo prevedeva che vi partecipasse attivamente anche la platea: veniva chiesto a 7 o 14 delle persone presenti in sala, di scrivere su dei piccoli foglietti di carta un pensiero breve o semplicemente una parola, qualunque cosa il momento suggerisse loro. I foglietti venivano portati sul mio set live e disposti uno sopra l’altro. Io, una volta in scena, iniziavo a suggestionarmi leggendo il primo e, a seguire, tutti gli altri, rispettando l’ordine casuale con il quale erano stati raccolti e creando snodi narrativi sulle parole che vi erano scritte sopra. Un’esperienza che a me ha sempre causato un misto di terrore ed eccitazione, si trattava di mettersi a nudo, arrivare in scena senza sapere cosa sarebbe accaduto contemplando l’errore, il blocco creativo, il malfunzionamento delle apparecchiature all’interno della performance. E’ capitato spesso di deviare completamente le mie intenzioni a causa di un imprevisto, e devo dire che sono state quelle le situazioni che ricordo con maggiore interesse. Lo spirito con cui questi eventi venivano concepiti, almeno nella mia testa, aveva a che fare con i mandala indiani, quei disegni creati di solito con sabbia colorata e una volta portati a termine distrutti a ricordare l’impermanenza delle cose; anche per le AFFABULAZIONI avevo previsto una sorte simile, una volta compiute non si sarebbero mai più ripetute
Quella che vi voglio proporre è una AFFABULAZIONE registrata il primo Aprile del 2016 al Palestra Lupo di Catania. Delle sessanta che ho realizzato dal vivo in Italia e all’estero in circa tre anni di attività, questa è una di quelle a cui sono maggiormente legato; di quella giornata ricordo ancora l’odore della salsedine e del mare di Sicilia nonché l’immagine di pace mista ad inquietudine che esso continuava ad evocare. Il resto lo fece il pubblico indicandomi nei foglietti la storia da rivelare.
Buon ascolto.
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